mercoledì, ottobre 04, 2006

UNA STORIA(#1)

Come è possibile che qualcuno stia già aspettando per entrare?Pensai ingenuamente appena arrivai al caffè quel pomeriggio.Mi sentii stupida.Ricollegai in un istante tutte le rassicurazioni dei proprietari ed improvvisamente mi sembrò folle che avessero lasciato me sola a lavorare quella sera.Io,che non avevo neanche mai aperto quella saracinesca.
Dissi alla ragazza che aspettava di lasciarmi mezz'ora,giusto per sistemare dentro.

Strano il caffè vuoto.Silenzioso.Solo la macchina dei caffè e i frigoriferi che lavoravano senza sosta.
Scesi i tre scalini,posai casco e borsa e cominciai a fare tutto quello che mi avevano lasciato scritto sulla cassa.

Che disco ci ascoltiamo per questa prima serata al cafè-gnu?Direi Coltrane con J.Hartman,poi eventualmente Kind of Blue di Miles.Fu il principio delle mie storie,inauguriamo il tutto con i primi dischi di jazz che ascoltai.Il caffè di sera poi ha questa vaga atmosfera newyorkese anni trenta...si,è la musica adatta per giocare un pò.

Effettivamente mi sembrava di giocare un pò.Sapete quando da bambini entrate in una casa che non è la vostra e per qualche ragione i proprietari non ci sono e vi è concesso di sbirciare e fare finta che sia un pò vostra?Fate un pò finta di diventare...altro.Immaginate le persone che ci vivono e un pò vi immedesimate.
Ecco,provai la stessa sensazione.
Accendevo le candele sui tavolini,sistemavo le bottiglie di vino,sceglievo il disco da ascoltare.Vagavo un pò tra cucina e dispensa e mi sentivo la libertà addosso di fare qualsiasi cosa,ma sempre con una punta di attenzione.Come fosse una piccola violazione.Come se non mi fosse totalmente concesso essere lì.
Feci tutto con la sicurezza che quei gesti sarebbero presto diventati familiari,ma la sensazione di essere entrata in casa d'altri ce l'avevo sempre addosso.Come se da un momento all'altro qualcuno potesse entrare.
Pensate di poter entrare nella cucina di un ristorante chiuso.Magari di notte.Era eccitante.
Fu davvero come giocare,mi sentii ridicola più volte e più volte passando davanti lo specchio scoppiai a ridere.Come trovai tutto così divertente ancora oggi non me lo spiego molto.
Sembrava di essere entrati in una piccola scena di teatro,scegliere quella musica ed accendere solo le candele facevano parte della messinscena.Fu scrollarsi di dosso la solita immagine che si ha di sè,quel giorno per giunta era anche un'immagine antipatica.
Facciamo New York?Anni trenta?E scoppiavo a ridere.Fortuna che le saracinesche non le avevo ancora alzate.
Mi sentii molto serena.Non trovo altre parole per descriverlo.Ero lì,sorridevo e facevo semplicemente quello che sentivo e volevo fare.
Mi fermai un secondo prima di aprire la porta e fare entrare la ragazza.Tirai giù un sospiro,mi versai un bicchiere di vino rosso ed aprii la porta.

Diciamo che ci misi un pò a capire quello che successe allora.La ragazza entrò,fece qualche complimento sull'architettura del locale dicendomi che lei era architetto e lavorava lì vicino.Un caffè?Ma si credo prenderò un caffè.Si sedette al bancone.
Avvenne giusto in quei trenta secondi che ci misi a voltarmi e cambiare canzone.

Round midnight suonata da Chet Baker.

"Ti prego.Non quella canzone.Non quella canzone".
Mi voltai e la ragazza piangeva.Continuai a fissarla senza sapere bene che fare.Si era poggiata al bancone,riuscivo a vedere solo i ricci neri che le coprivano tutto il viso.Si tolse gli occhiali e l'unica cosa che riuscii a pensare è che aveva due occhi verdi bellissimi.
Poi le lacrime.Solo lacrime.
"Scusa,senti invece del caffè,un cocktail,uno qualsiasi".
Sgranai gli occhi.Un cocktail.Uno qualsiasi.Non mi sembrava reale quella situazione.Pensai di nascondere meglio che potevo la mia espressione allibita,che sentivo già delinearsi sul mio viso.
Cosa potevo prepararle?E come?Mi stavo agitando.Era anche cambiata canzone,ma le lacrime non smettevano di scendere.
Non era la canzone.Ormai aveva aperto qualcosa,aveva lasciato andare e non sarebbe certo bastato cambiare disco.Si trovava ora in chissà che giorno,luogo,ora della sua vita e non ne sarebbe uscita con un fazzoletto per asciugarsi gli occhi.

In quel momento la capii,non sapevo nulla,ma la capii.Continuai a guardarla e chissà che vidi in lei.Mi sembrò in quell'istante di vivere con lei,di sentirla.In un momento si abbassarono tutte le barriere,tutte le estraneità e come fosse la cosa più naturale le chiesi di raccontare,mentre io le preparavo il cocktail.Qualcosa di dolce,con la fragola e forte,proviamo vodka e tonica?
Improvvisamente mi sentii padrona di tutto ciò che avevo intorno,sicura di ogni gesto e sguardo che le rivolgevo.

"Ti sei mai innamorata?".Mi chiese.

Oddio.

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