lunedì, novembre 27, 2006

UN CAPPOTTO SULLA POZZANGHERA

Milano sembrava aver poggiato il suo miglior cappotto sulla pozzanghera,solo per farmi passare senza rischiare di sporcarmi.Almeno per i primi minuti che trascorrevo lì.Se avevo qualche immagine della città,queste erano sicuramente senza il rosa.E l'azzurro che si vedeva appena usciti dalla stazione.

Vicino a me il carretto delle caldarroste e le valige che bastava trascinare per pochi metri,su per una scala affollata della metro,per ricordarsi che lì ci sarei rimasta un bel pò.
La sensazione poteva essere simile a quella che provi raramente se non da bambino,totale e avvolgente,esattamente a metà strada tra un'eccitazione senza fine e le lacrime.
Pensai quanto fosse strano che nel prossimo minuto avrei potuto piangere o continuare a sorridere al nulla come stavo facendo da quando ero scesa dal treno.Stesso numero di possibilità,ma continuai a sorridere.Solo più velocemente,più distrattamente.Allora mi sembrarono troppi gli angoli che potevo osservare, gli odori che potevo respirare, le fantasie che potevo fare.Fuggii da quell'eccesso lanciandomi in un folla di persone che si dirigevano verso la metropolitana,proprio davanti la stazione.

Mi lanciai rapida anche io,come cercando di stare dietro un ritmo diverso,una vita diversa.In realtà allora non sopportai il peso di tutto quello "sconosciuto" che,dovetti far fatica ad ammetterlo,mi rendeva incredibilmente felice,come ogni canale del mio corpo si fosse messo sull'attenti.Per guardare e sentire.Allora mi piaque pensare che Milano mi aveva già coinvolta con la sua frenesia.A pensarci oggi era una semplice domenica sera e le persone non facevano altro che tornare verso casa cercando di trascinarsi dietro qualcosa di quello che la giornata di pausa era stata.

Aspettando la metropolitana mi accorsi che sul pavimento bianco era stampata la mappa,grande,di tutta la metro della città.Segmenti di colori diversi che si incrociavano ed io vi ero esattamente sopra.Ricordo che in quel momento pensai che non sapevo nulla,nessun nome,nessuna fermata,nessun colore mi riportava alla mente,sulla pelle qualcosa di familiare. Era incredibilmente,totalmente tutto sconosciuto.

In modo paralizzante mi accorsi di questo continuando a fissare i nomi e i colori che avevo sotto i piedi e che non mi suggerivano assolutamente nulla.
Ricordo che pensai in quell'istante di poter andare in qualsiasi direzione. E questo non avrebbe fatto nessuna differenza. A nessuno.

1 commento:

Aglaja ha detto...

:)
Nessuna differenza se non a me...nessuno,tra me e la scelta della direzione da prendere...nessuno a guardarmi,giusto un attimo prima di prendere la strada, come a ricordarmi:"devi pensare anche a me prima di scegliere".

Niente di niente.Se non io.
Aglaja