venerdì, novembre 24, 2006

MILANO (ovvero: provare#2)

Decise così,in modo totalmente inaspettato, di chiudere per una pausa il caffè. Inventario fu la parola ufficiale che decisero di riferirci. In realtà non andava affatto bene. Oramai le persone che venivano erano sempre poche,sempre le stesse. E noi tutti che lavoravamo lì eravamo consapevoli più dei proprietari stessi probabilmente che il locale non aveva bisogno di nessun inventario.

In realtà quei giorni presi la notizia molto freddamente. In realtà tutto era tra le mie mani, forse troppo. Così allora pensai che l'unico modo per non lasciarmi sfuggire,fosse pensare al tutto come stessi archiviando vecchie pratiche,nuovi documenti,possibli progetti. Guardavo tutto con una meticolosa freddezza,analizzando lucidamente ogni cosa.
Così anche la scelta di andare via durante quel periodo.
Milano fu la città prescelta. Per una sorta di stage in una redazione. Proviamo a scrivere, mi dissi.Proviamo ad andare via di qui. Così lo feci,organizzando tutto in poche settimane.

Pochi giorni prima della partenza,quando cominciarono saluti, promesse vaghe e generali di vedersi io faticai ad emozionarmi. Mi capitava di ripetermi mentalmente più e più volte tutte le cose che negli ultimi mesi stavano cambiando.Alle volte mormoravo quasi. Tornando dal caffè,sulla linea notturna, poggiavo la fronte sul vetro del bus che lasciava un piccolo cerchio.Tutto intorno l'umidità impediva di vedere a che punto fossi del tragitto.

Aspettai. Quei giorni, ad osservarmi ora, in realtà aspettai qualcosa che era impossibile arrivasse. Almeno finchè non smisi di pensare che lasciarsi andare al flusso di eventi che all'improvviso stravolgono la tua vita non era rischioso.
Ma in quei giorni non ero davvero capace di accettare che potessi essere profondamente felice.
Potevo esserlo anche senza sentire la necessità di controllare ogni cosa.

Non lo capii finchè quel treno non partì e realizzai in un attimo che stavo lasciando tutto. Lasciando ogni cosa per poi tornare. Il pensiero che non sarei tornata a casa mia,dove per23 anni avevo vissuto stranamente mi fece percepire per la prima volta che stavo davvero andando via.
Curioso in fondo, a pensarci ora...percepirlo solo nel momento in cui realizzai che sarei tornata.Era la casa dove avrei dormito non sarebbe stata quella di mia madre.

Così l'emozione arrivò,tutta insieme e dovetti focalizzare lo sguardo attraverso gli occhiali,verso le ciminiere che si vedevano appena lasciata la stazione.Mi strinsi con le spalle nello schienale della poltrona.Con un respiro profondo mi accorsi che,inaspettatamente,qualcosa aveva ripreso a battere nel petto.

2 commenti:

Aglaja ha detto...

Ti vedo sorridere con me rica.
Mi trovi questa sera però in cui ho momentaneamente smarrito l'idea che si,è possibile cambiare e tresformare tutto...che si,fondamentalmente per essere felici bisogna solo permettersi di esserlo e capire che ce lo meritiamo proprio.Senza se e senza ma.

Aglaja

Anonimo ha detto...

...beh...il pub...la chiusura...beh...strano a dirsi...via tu via tanti...Non tutti.Ma tanti..compreso me.forse.ti farò sapere.