"Non ho voglia di scrivere,e poi è difficile unir la voglia di vivere con la voglia di scrivere"
A.Cechov (ad Aleksandr Cechov)
Prima di partire, di una cosa ero stata più o meno certa: che per superare lunghe sere in solitudine, in un luogo che a fatica avrei dovuto chiamare "casa" durante quei mesi, lontana dai miei avventori closing-time del caffè, avrei scritto.
Ancora una volta dovetti fare i conti con sensazioni e comportamenti che, nonostante le aspettative più verosimili che potessi essermi fatta, mi lasciarono leggermente stupita,lì in piedi,in silenzio,ad osservarmi agire, con una buffa espressione di attesa sul viso.
Non scrissi una parola,allora. Dopo qualche resistenza delle prime settimane, accettai il fatto,aiutandomi a dargli una sorta di dignità con massime che spiegavano che sarebbe stato difficile sedersi ed impugnare la matita se tutta la storia di cui si voleva parlare la si aveva ancora viva,addosso.
Ancora una volta, sulla pelle.Ancora una volta dovevo fare i conti con emozioni che non si potevano dimenticare,dalle quali non si poteva prendere distanza immediata.Ancora una volta, lottai con forza contro quello che sembrava inevitabile, convinta che tutte le storie andasse ro cristallizzate,freddate all'istante.
Cominciai a vedere, piano piano, quanto mi sbagliassi e dopo poco tempo mi permisi il lusso di lasciarmi andare.Mollai la presa e non scrissi.Senza ripensamenti,senza sensi di colpa.
Non fu assolutamente un caso che ricominciai a farlo a pochi giorni dalla fine,quando iniziai, silenziosamente, a lasciare tutto quello che avevo trovato.
Allora però non me lo spiegai molto bene ed ebbi solo paura di perdere tutto.Perchè non si possono afferrare le cose nel momento?
Oggi mi sembra così ovvia la paura di lasciarsi sfuggire ogni cosa se l'unico desiderio che provavo era quello che niente,assolutamente niente, mi restasse sulla pelle...fortuna che si cambia semplicemente idea.
martedì, gennaio 09, 2007
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